glossario di
retorica e narratologia
(a cura di Aldo Simeone)
A B C
D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z
Agnizione Momento topico delle narrazioni e specialmente
dei drammi classici, in cui viene svelata l’identità
dei personaggi, con conseguente sconvolgimento (in senso positivo o negativo)
degli equilibri interpersonali. Di solito collocata alla fine di una commedia,
di una tragedia o di un racconto, l’agnizione costituisce il momento
risolutivo, in cui si sciolgono i nodi della trama o si rivela l’entità della
catastrofe.
Esempio: nella tragedia, la rivelazione della parentela che lega Edipo a Giocasta, moglie e madre. Nei romanzi gialli, la
rivelazione finale del colpevole.
Aiutante In narratologia, il personaggio che si schiera a favore
del protagonista, aiutandolo a compiere la sua
missione o a conseguire un obiettivo positivo. Può essere anche falso, quando
finge di prestare soccorso al protagonista e in segreto ne contrasta il
successo.
Allegoria Figura retorica che si verifica quando un’immagine, una frase, una situazione o
un’intera opera, oltre al senso letterale, ne contengono un altro implicito,
spesso concettuale, al quale si può arrivare mediante un ragionamento logico.
Esempio: la giustizia convenzionalmente rappresentata come
una donna che regge una bilancia, per significare il suo ruolo di obiettiva e
imparziale valutatrice.
Allitterazione L’accostamento
di parole diverse aventi suoni consonantici simili o identici, in modo da
creare alla lettura effetti acustici di
particolare pregnanza. Se utilizzata in funzione semantica, ovvero per
veicolare dei significati più o meno impliciti, può creare effetti di fonosimbolismo.
Esempio: «Fresche le mie parole ne
la sera / ti sien come il fruscìo
che fan le foglie / del gelso» (G.
d’Annunzio, La sera fiesolana, vv. 1-3)
Anacoluto Scorrettezza sintattica utilizzata a fini
espressivi, spesso per mostrare l’incultura del parlante, o per abbassare il registro espressivo, o ancora per mettere
in rilievo una specifica parola nella frase. Consiste nella mancata
concordanza fra soggetto e verbo: in pratica è annunciato un soggetto che poi viene cambiato bruscamente nel corso della frase.
Esempio: «Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto» anziché «Lei sa
che a noi monache piace sentire le storie nel dettaglio» (A. Manzoni, I
promessi sposi, ix).
Anadiplosi Figura retorica di sintassi
che consiste nel riprendere, all’inizio di un verso o di una frase o di un
segmento di frase, la parola conclusiva del verso o
della frase o del segmento di frase precedente.
Esempio: «Ho risposto nel sonno: – È il vento, / il vento che
fa musiche bizzarre» (V. Sereni, Diario
d’Algeria, II, vv. 8-9).
Anafora Ripetizione di una o più
parole all’inizio di versi o frasi o segmenti di frase successivi, per creare
effetti di simmetria e segmentare
il discorso. È una delle figure retoriche più usate in poesia, anche perché mette in rilievo la parola o l’espressione ripetuta, la
quale di conseguenza acquista particolare importanza.
Esempio: «Per me si va ne la città
dolente, / per me si va ne l’etterno dolore, /
per me si va tra la perduta gente» (Dante, Inferno, III, vv. 1-3).
Anagramma
Costruzione di una parola o una frase di senso
compiuto mediante il rimescolamento delle lettere che ne compongono un’altra,
in modo da celare la prima.
Esempio: celebre ed efficacissima la definizione dell’anagramma (essa stessa un
anagramma) data da Enrico Parodi: «Lo determini mercé l’esatto / rimescolamento
delle lettere» (il segmento della frase dopo la sbarra è l’anagramma del primo
e viceversa).
Analessi (o flashback) In narratologia indica la rievocazione nel presente di un
evento accaduto nel passato. “Passato” e “presente” s’intendono ovviamente non
in senso assoluto, ma in relazione al momento in cui
l’autore ha deciso di avviare la narrazione. L’analessi è dunque una delle
principali risorse attraverso cui l’intreccio può differire dalla fabula.
Analisi In narratologia
indica il rallentamento del tempo del racconto, che supera il
tempo della storia: poche ore si dilatano in molte pagine.
Esempio: un caso eccezionale di analisi è dato dal voluminoso
romanzo Ulisse di Joyce, che racconta
quello che accade in una sola giornata di vita dei protagonisti, per la
precisione il 16 giugno 1904.
Analogia Figura retorica che si ottiene
quando, tra due o più immagini diverse tra loro e prive in apparenza di legami
logici, si stabiliscono rapporti sorprendenti di affinità.
Esempio: «le mani del pastore erano un vetro / levigato»
(G. Ungaretti, L’isola, vv. 23-24).
Anastrofe Inversione dell’ordine abituale delle parole nella
frase. È affine all’iperbato,
da cui si distingue per il fatto che non implica l’inserimento di un inciso tra
le parole.
Esempio: «Allor che all’opre
femminili intenta / sedevi» anziché «Allor che sedevi intenta all’opre femminili» (G. Leopardi, A Silvia, vv. 10-11).
Antagonista In narratologia, il
personaggio che si contrappone al protagonista,
frapponendogli quegli impedimenti che costituiscono il nerbo della trama. Nella
letteratura moderna, l’antagonista, più che un vero e proprio personaggio, è
diventato una funzione narrativa, ovvero un’entità
astratta che contrasta o rallenta il protagonista nel raggiungimento dei suoi
obiettivi.
Esempio: Nei Promessi
sposi di Manzoni l’antagonista di Renzo e Lucia è Don Rodrigo.
Antifrasi Figura retorica affine all’ironia che consiste nell’usare una parola o un’intera
espressione nel senso opposto a quello letterale.
Esempio: la frase-fatta «ora viene il bello!», per
significare che sta per arrivare una difficoltà.
Antitesi Figura retorica di
significato, che consiste nell’accostamento di parole ed espressioni di
significato opposto.
Esempio: «Pace non trovo, et non ò
da / far guerra» (F. Petrarca, Rvf, 134, v.1).
Antonomasia Utilizzo di un nome proprio al
posto di un nome comune (o viceversa) per sottolineare
una qualità.
Esempio: la parola “mecenate”, che indica il protettore di
studiosi e artisti, è in origine un’antonomasia che fa riferimento a Gaio Cilnio Mecenate (69 ca. – 8
a.C.), patrocinatore e amico di Orazio e altri poeti.
Aposiopesi Sinonimo
di reticenza.
Apostrofe Il rivolgere improvvisamente
il discorso, con enfasi, a persone o cose personificate.
Esempio: «Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!» (Dante, Purgatorio, V, vv. 76-78).
Asindeto In
una frase o in un intero discorso, elenco di parole o espressioni senza l’uso
della congiunzione, ma mediante un semplice accostamento, in modo da
accelerare il ritmo e rendere l’idea della concitazione.
Esempio: «Le donne, i cavallier,
l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io
canto» (L. Ariosto, Orlando furioso,
I, v. 1).
Assonanza Tra due o più parole, l’identità delle sole vocali a partire dalla sillaba
su cui cade l’accento. È il contrario della consonanza
e consiste in una rima debole.
Esempio: «Laudato si’, mi’ Signore, / per frate vento / et per aere et nubilo / et
sereno et onne tempo, / per lo quale a le tue creature dài
sustentamento» (San Francesco, Cantico
delle creature, vv. 12-14).
Autobiografia Narrazione in cui il protagonista coincide con l’autore stesso o intende
sovrapporsi a esso. Nei casi più frequenti, è il racconto che l’autore fa della
propria vita, ma esistono anche autobiografie fittizie o romanzate, immaginarie
o solo in parte reali.
Battuta In un dialogo è la frase
pronunciata da un personaggio, la cui estensione, assai variabile, è limitata
dall’intervento (battuta) di un altro personaggio.
Brachilogia Genericamente
indica un modo di esprimersi rapido e conciso. Nello specifico, consiste in una
forma di ellissi, ovvero nella
scelta di evitare di ripetere la stessa parola quando non necessario.
Esempio: «li uomini si vendicano delle
leggiere offese, delle gravi non possono»
anziché «gli uomini si vendicano delle piccole offese, giacché non possono vendicarsi di quelle gravi» (N.
Machiavelli, Il principe, iii).
Campo semantico Insieme di parole che
condividono un significato di base comune e rinviano a uno stesso concetto.
Esempio: «gelo», «neve», «ghiaccio» appartengono
al campo semantico del sostantivo inverno e rinviano al freddo.
Catarsi Secondo il filosofo greco Aristotele (iv secolo a.C.), la purificazione delle passioni umane prodotta
dall’opera d’arte in conseguenza di una forte emozione. Essa può indurre lo spettatore di un dramma o
il lettore di un testo poetico o narrativo a meditare sugli insegnamenti morali
dell’opera.
Chiasmo Disposizione
a incrocio di parole e/o intere proposizioni, in base al significato o alla
categoria grammaticale.
Esempio: il celebre motto dei tre
moschettieri di Dumas «Uno per tutti, tutti per uno», o, per
guanto riguarda la funzione grammaticale, «odi greggi belar, muggire armenti» (G. Leopardi, Il
passero solitario, v. 8).
Circonlocuzione Sinonimo di perifrasi.
Climax Sequenza
di parole o gruppi di parole in scala crescente o decrescente d’intensità
espressiva. Serve per dare enfasi al discorso.
Esempio: «Diverse lingue, orribili
favelle, / parole di dolore, accenti d’ira» (Dante, Inferno, III, vv. 25-26).
Comico
Nella
teoria
dei generi artistici, il ridicolo, ciò che suscita il riso. Una delle risorse
del comico è il grottesco; da esso differisce l’umorismo.
Complicazione In narratologia, improvviso mutamento della situazione
iniziale di un personaggio che mette in moto la vicenda.
Connotazione Il significato secondario di una parola, che l’arricchisce
di un valore supplementare aumentandone la capacità espressiva, al fine di
suscitare emozioni, evocare stati d’animo mediante immagini nuove e impreviste.
Il suo contrario è la denotazione.
Consonanza Tra due parole diverse,
identità delle sole consonanti a partire dalla sillaba su cui cade l’accento. È
il contrario dell’assonanza e
costituisce una rima debole.
Esempio: «canto»
/ «fonte».
Coprotagonista L’altro
personaggio principale di un racconto, dramma o film quando il protagonista non è uno solo.
Cronotopo Interconnessione
dei rapporti spaziali e temporali in un testo letterario, che ne determina le qualità
della forma (genere) e del contenuto.
Denotazione l’insieme
dei significati letterali di una parola, che vengono
riportati nel vocabolario e servono per identificare nel modo il più possibile
preciso ciò di cui si sta parlando. Il suo contrario è la connotazione.
Deuteragonista Il secondo personaggio principale di una narrazione, di un dramma o di un
film. Si distingue dal coprotagonista
per il fatto che è posto a un gradino gerarchicamente inferiore.
Diegesi Lo
svolgimento narrativo di un’opera, la narrazione intesa come oggetto
di analisi della narratologia. In riferimento ad essa, il narratore
si dice intradiegetico o extradiegetico se è interno o esterno alla narrazione,
se cioè vi partecipa o se la osserva senza possibilità d’interazione.
Discorso diretto
All’interno di una narrazione, la citazione che si ritiene letterale di quanto
detto da un personaggio o da un gruppo di personaggi.
Il discorso diretto è sempre segnalato da specifici segni di interpunzione:
i due punti seguiti dalle virgolette («…» o “…”) o dal trattino lungo (–).
Discorso
indiretto All’interno di una narrazione,
l’esposizione del discorso di un personaggio attraverso la voce del narratore.
Non segnalato da specifici segni di interpunzione, è
preceduto da formule come «disse che» o «pensò che» ecc. Nel caso in cui
vengano a mancare questi verbi introduttivi, ma sia comunque riconoscibile la
voce del personaggio (attraverso particolari spie lessicali),
si parla di discorso indiretto libero.
Discorso
raccontato Esposizione sommaria del
discorso di un personaggio da parte del narratore, che finge di apportarvi
significative modifiche, riassumendolo, modificandolo, riadattandolo al
contesto.
Disfemismo È il contrario dell’eufemismo
e si verifica quando si usa un termine dispregiativo per comunicare in modo ironico
o affettuoso un significato senza particolari connotazioni
espressive, per così dire “di grado zero”.
Esempio: l’espressione formulare «i miei vecchi» per indicare i genitori.
Domanda retorica Domanda che già presuppone al suo interno una risposta e che dunque non
chiede all’ascoltatore o al lettore un’informazione o un giudizio, ma lo
incoraggia a partecipare emotivamente al discorso, spesso suscitando sdegno o
complicità.
Esempio: l’ironica domanda retorica di Umberto Eco «C’è davvero bisogno di
domande retoriche?» (U. Eco, 38 consigli di
buona scrittura, «Sator arepo
eccetera»).
Dittologia
Figura retorica che consiste nell’usare due parole o espressioni collegate da
una congiunzione per significare un unico concetto, che viene dunque rafforzato
o adattato a precise cadenze ritmiche.
Esempio: «Movesi il vecchierel canuto e bianco» (F. Petrarca, Rvf, 16, v. 1).
Ellissi Come
figura retorica, è l’omissione di alcune parti di una
frase facilmente ricavabili dal contesto e dunque non indispensabili per la
comprensione. In narratologia indica un salto
cronologico compiuto dal narratore per accelerare il ritmo
del racconto o per evitare di riferire fatti privi di rilevanza nella storia.
Il suo contrario è l’analisi.
Enallage Sostituzione di una parte del discorso con un’altra per accentuarne il
significato o conferire maggiore espressività alla frase. Generalmente lo scambio riguarda le funzioni grammaticali delle parole:
il verbo con il nome, l’avverbio con l’aggettivo ecc.
Esempio: l’espressione «parla chiaro», dove l’aggettivo «chiaro»
sostituisce l’avverbio «chiaramente».
Endiadi
Figura retorica che consiste nell’utilizzo di una coppia di aggettivi o di
sostantivi al posto di un sostantivo e un aggettivo o
un sostantivo e un complemento.
Esempio:
«notte e ruina» al posto di «tenebrosa rovina» (G. Leopardi, La ginestra, v. 216).
Enumerazione Accumulo di parole o
proposizioni con lo scopo di esprimere con forza un concetto, conferirgli
particolare enfasi, o accelerare il ritmo del discorso.
Avviene solitamente per asindeto, ma può anche svilupparsi per polisindeto.
Esempio: «e mi sovvien
l’eterno, / e le morte
stagioni, e la presente / e
viva, e il suon di lei» (G. Leopardi, L’infinito, vv. 12-14).
Epanadiplosi Figura sintattica che consiste nell’iniziare e concludere
un verso, una frase o un segmento di frase con la stessa parola.
Esempio: «dov’ero? le
campane / mi dissero dov’ero» (G. Pascoli, Patria, vv. 18-19).
Epanalessi Ripetizione,
solitamente consecutiva, di una o più parole, con lo scopo di rafforzare l’idea
che si vuole esprimere o dare enfasi al discorso.
Esempio: «O natura, o natura, /
perché non rendi poi / quel che prometti allor?» (G. Leopardi, A Silvia, vv. 36-38).
Epifora Ripetizione
di una o più parole alla fine di versi, di strofe, periodi, frasi o segmenti di
frasi. È speculare all’anafora.
Esempio: «Più sordo e più fioco / s’allenta e si spegne.
/ Sola una nota / ancor trema, si spegne, / risorge, trema, si spegne»
(G. d’Annunzio, La pioggia nel pineto, vv. 75-79).
Epifrasi
Variante dell’iperbato
consistente nell’aggiunta di una o più parole per precisare quanto detto in
precedenza, ma al di fuori della normale sede sintattica.
Esempio: «Io gli studi leggiadri / talor lasciando e le sudate carte» anziché «Io gli studi leggiadri e le
sudate carte talor lasciando». (G. Leopardi, A Silvia, vv.
15-16).
Epiteto Aggiunta
di alcuni attributi, di solito aggettivi o complementi, a un nome, per
precisarne alcune qualità che però sono del tutto scollegate dal contesto in cui la persona o la cosa vengono menzionate.
Tipico dell’epica, l’epiteto è detto “formulare” quando si ripete pressoché
identico (o con minime variazioni) nel corso dell’opera.
Esempio: «Achille piè veloce» nell’Iliade di Omero.
Esordio Parte
introduttiva di un discorso, di un’orazione o di un testo narrativo. In
quest’ultimo caso il lettore viene informato dei
personaggi e del contesto della storia (la situazione iniziale).
Ethos Termine greco che in origine significa “costume,
comportamento”, poi passato a designare l’insieme di regole del vivere civile,
la moralità. Nel linguaggio tecnico della retorica teatrale, si
indica il carattere tenue, leggero proprio della commedia classica in
contrapposizione al pathos
della tragedia.
Eufemismo Espressione di un concetto mediante parole o locuzioni
attenuate, in modo da non urtare la sensibilità dell’ascoltatore/lettore, ingentilire
o indebolire il messaggio. Il suo contrario è il disfemismo.
Esempio: l’espressione formulare «è
passato a miglior vita» per intendere «è morto».
Explicit Le parole o le frasi finali di un teso in prosa o in
versi. Il suo speculare è l’incipit.
Fabula La
catena di avvenimenti che costituiscono la storia narrata dall’autore, ma
riordinati secondo la sequenza cronologica (prima-dopo) e logica
(causa-effetto) in cui essi si sono presentati o si sarebbero potuti presentare nella realtà. Le principali risorse attraverso
cui la fabula differisce dall’intreccio
sono l’ellissi, l’analisi, l’analessi o flashback e la prolessi
o flashforward, che agiscono sulla dimensione
temporale, contraendola, dilatandola o manomettendone la consequenzialità.
Figura etimologica Accostamento di parole differenti legate però dalla stessa radice
etimologica.
Esempio: «Ahi
quanto a dir qual era è cosa dura
/ esta selva selvaggia e aspra e forte
/ che nel pensier rinnova la paura! (Dante, Inferno, I, vv.
4-6).
Flashback Sinonimo di analessi.
Flusso di coscienza tecnica utilizzata nella narrativa per
rappresentare in modo verisimile la successione disordinata e libera dei
pensieri di un personaggio, riferendoli così come si presentano
nella sua testa, senza ordinarli e chiarirli. Il flusso di coscienza è stato
teorizzato (ma non inventato) in coincidenza con l’avvento della psicoanalisi
di Sigmund Freud dallo scrittore irlandese James Joyce (1882-1941).
Esempio: «Bisogna che mi decida a farli riparare. Peccato. Fin quassù
da Gibilterra. Dimenticato quel po’ di spagnolo che sapeva. Chissà quanto l’ha pagato suo padre.
Vecchio stile» (J. Joyce, Ulisse, cap. iv).
Focalizzazione In narratologia,
indica il punto di vista.
Flashforward Sinonimo inglese di prolessi.
Fonosimbolismo Particolare
valore semantico assunto dai suoni di una parola o di un enunciato in un testo. Si ha quando si stabilisce una corrispondenza tra il significato delle
parole e il loro significante. Generalmente le allitterazioni hanno valenza fonosimbolica.
Esempio: il celebre verso dantesco «E caddi come corpo
morto cade» (Dante, Inferno, V, v. 142) riproduce il colpo
sordo di un corpo che perde i sensi.
Grottesco In letteratura, uno degli aspetti del comico, basato su una deliberata
sproporzione tra gli elementi costitutivi di un testo, una situazione, un personaggio ecc. Più genericamente, indica qualcosa di
bizzarro, deforme, innaturale. Il termine ha origine dal genere pittorico della
grottesca, che si riferisce agli affreschi delle dimore romane di Ercolano e
Pompei, originariamente confuse dai primi scopritori con pitture rupestri.
Hysteron proteron Figura retorica della sintassi che consiste nel sovvertire l’ordine
logico e/o cronologico degli eventi in un testo.
Esempio: «Tu non avresti in tanto tratto e messo / nel foco
il dito» (Dante, Paradiso, XXII, vv.
109-10).
Incipit Le parole o le frasi
iniziali di un testo in prosa o in versi. Il suo speculare è l’explicit.
Intertestualità Indica
la serie di rapporti che legano un testo letterario alle altre opere dello
stesso autore (rapporti intertestuali interni) oppure con le opere di altri
autori, vicini o lontani nel tempo, o con il genere letterario di appartenenza
(rapporti intertestuali esterni). L’analisi dei rapporti intertestuali, così come dei rapporti extratestuali (la realtà in cui si muove
l’autore, gli eventi e le situazioni storico-sociali, le sue concezioni
ideologiche e morali, la sua poetica) è fondamentale per comprendere appieno
un’opera, non considerandola come un prodotto isolato.
Intreccio In narratologia indica lo sviluppo della storia così come
l’autore ha deciso di esporla nel suo racconto, talvolta manomettendo l’ordine
logico e temporale degli eventi. Può succedere che l’intreccio coincida con la fabula,
quando l’autore sceglie di rispettare la sequenza temporale e causale degli episodi. Più spesso, il narratore
opera tagli, spostamenti, accelerazioni e decelerazioni del ritmo del racconto,
funzionali alla caratterizzazione dei personaggi o dei luoghi o ancora delle
situazioni che costituiscono la trama. I principali espedienti attraverso cui
ciò avviene sono la prolessi
o flashforward, l’analessi o
flashback. Il narratore può inoltre manipolare la durata degli eventi per mezzo
del sommario, dell’analisi,
della pausa e dell’ellissi.
Invettiva Discorso di accusa, di solito concitato
e violento, rivolto contro qualcuno o qualcosa che spesso non è presente. È una
variante dell’apostrofe.
Esempio: «Ahi Pisa, vituperio de le genti / del bel paese là dove ‘l sì suona»
(Dante, Inferno, XXXIII, vv.
79-80).
Ipallage Figura
sintattiche che si verifica quando a un termine se ne lega
un altro che logicamente dovrebbe riferirsi ad altri elementi dell’enunciato.
Esempio: «il divino del pian silenzio verde», dove
l’aggettivo «verde» è grammaticalmente legato a
«silenzio», ma si riferisce a «pian» (Carducci, Il bove, v. 14).
Iperbato Disposizione
delle parole in un ordine diverso da quello usuale. Lo scopo può essere
ritmico, soprattutto in poesia, oppure semantico, quando serve a porre in
maggiore evidenza il termine collocato in posizione insolita.
Esempio: «Ben sento, / in noi di
cari / inganni, / non che la speme, il desiderio / è spento»
per significare: «Lo sento bene: in noi è venuto meno
non solo la speranza, ma anche il desiderio delle care e ingannevoli illusioni»
(Leopardi, A se stesso, vv. 3-5).
Iperbole Utilizzo
di parole esagerate e oltre i limiti del verosimile per esprimere un concetto
semplice. È utilizzata a fini espressivi e spesso con
sfumature ironiche.
Esempio: l’espressione topica «è un
secolo che non ci vediamo!», per significare: «è molto tempo che non ci
vediamo».
Ipotassi In
sintassi, indica la presenza di rapporti di subordinazione tra le proposizioni,
che si trovano dunque disposte secondo un ordine gerarchico. Il suo contrario è
la paratassi.
Esempio: «Oggi ho fatto visita alla mia amica Anna, che vive in
un quartiere
distante dal mio, dove ci sono molti negozi e ristoranti»
anziché: «Lontano da dove abito io c’è un quartiere; io ci sono stato e lì ho
incontrato la mia amica Anna».
Ipotiposi Descrizione vivida e dettagliata di
qualcuno o qualcosa, spesso presentato come se l’ascoltatore/lettore potesse scorgerlo in quel preciso momento.
Esempio: «Vedi là Farinata che s’è dritto / da la
cintola in sù tutto ’l vedrai» (Dante, Inferno, X, vv.
32-33).
Ironia Come figura retorica, consiste nell’esprimere
un concetto per lasciare intendere il suo contrario.
Esempio: «Bella prodezza picchiare
un bambino!», per significare
che è un gesto vile e malvagio.
Lettore implicito È il lettore ideale del testo, così come lo immagina l’autore, e
che è possibile individuare sulla base delle qualità stilistiche e
contenutistiche dell’opera.
lettore reale È
colui che effettivamente riceve il messaggio letterario. Non è detto infatti che il destinatario presupposto dallo scrittore (il
cosiddetto lettore implicito) sia quello che
poi leggerà realmente l’opera.
Litote Espressione di un concetto
attraverso la negazione del suo contrario. È affine all’eufemismo ed è il contrario dell’iperbole.
Esempio: «Non le era indifferente», per dire «le
interessava molto, ne era innamorata».
Metafora È la “regina” delle figure retoriche e consiste nella
sostituzione di una parola con un’altra avente con la prima almeno una qualità
in comune. Tradizionalmente, è intesa come una similitudine
accorciata, in cui sono stati soppressi i consueti elementi linguistici di
paragone («come», «sembra», «pare» ecc.). La metafora può essere costruita con un
sostantivo, un aggettivo, un verbo o un predicato nominale.
Esempio: «Sei un dio», che abbrevia
la similitudine «per me sei simile a un dio».
Metalogismo Figura retorica che si verifica
quando una frase esprime un significato ben diverso da quello letterale, senza
però che l’ascoltatore/lettore debba fare alcuno sforzo a interpretarlo. Forme
specifiche di metalogismo sono l’iperbole,
il paradosso, l’ironia, la reticenza, l’eufemismo.
Esempio: «È un mostro di bravura» o «è bello da morire».
Metonimia Sostituzione
di una parola con un’altra avente con la prima un legame
logico. Si può utilizzare: la materia al posto dell’oggetto, l’astratto
per il concreto (o viceversa), il contenente al posto del contenuto, l’effetto
per la causa (o viceversa), l’autore per l’opera ecc.
Esempio: «bere un bicchiere» anziché «bere
dell’acqua».
Mimesi Termine di origine greca,
desunto dall’opera del filosofo Aristotele (iv
secolo a.C.), che indica l’imitazione della realtà. In narratologia,
è uno dei due modi fondamentali del raccontare: la rappresentazione. Diversamente dalla diegesi,
nella mimesi l’autore rinuncia a essere presente nello svolgimento della
storia, rimanendo per così dire occultato.
Mise en abyme Nella teoria della letteratura designa una tecnica narrativa, grazie alla
quale un’immagine, un testo, un episodio o una situazione contiene una copia in
miniatura di se stessa. Una forma particolare di mise en abyme è l’espediente della storia
nella storia.
Esempio: piuttosto frequente il caso in cui un personaggio sogna di svegliarsi
da un sogno.
Monologo In teatro o nel cinema è il
discorso che viene pronunciato da un personaggio da
solo in scena oppure in disparte rispetto agli altri. In narrativa è un
discorso diretto molto lungo non interrotto da alcuna battuta di dialogo, ma tutt’al più interpolato da note descrittive. Una particolare
tipologia di monologo è quello detto “interiore”, che consiste in una
riflessione introspettiva compiuta dal personaggio, talora anche inscenando un
dialogo fittizio tra due parti di sé. Il monologo interiore, nella sua forma
estrema, assume la forma del flusso
di coscienza.
Narratologia Disciplina
della critica letteraria, sviluppatasi nel corso del Novecento, che si propone
di studiare in modo scientifico la natura e il funzionamento del racconto nei
suoi vari generi e nelle sue molteplici declinazioni (fiaba, novella, romanzo,
poema, ma anche film, fumetto, fotoromanzo ecc.).
Narratario È il
destinatario della narrazione, cui il narratore si rivolge esplicitamente con appositi richiami. Si differenzia dal lettore
reale e implicito per il
fatto che rappresenta non una persona o un gruppo di persone
storicamente determinate, ma una funzione del racconto stesso.
Narratore Colui che racconta la storia. Esso non deve essere confuso con
l’autore reale (ovvero la
persona storica che in un determinato periodo della sua vita ha scritto
l’opera). Il narratore è piuttosto una funzione
del testo, ovvero un’entità astratta, che può
essere del tutto esterna alla diegesi (nel caso cui non
prenda parte alla vicenda narrata) o interna, quando coincide con l’autore implicito (la proiezione di un’immagine dell’autore reale nell’opera,
colto nel momento in cui l’ha composta e realizzata). Si dice pertanto che il
narratore è: interno od omodiegetico, se coincide
con un personaggio della storia; esterno
o eterodiegetico, se si trova al
di fuori della storia. In una medesima opera possono
esservi più narratori, legati l’uno all’altro da un rapporto di gerarchia. In
questo caso di parla di narratore di 1° grado, di 2°
grado ecc.
Omeoteleuto (o omoteleuto) Tra due o più parole vicine,
coincidenza dei suoni finali. A differenza della rima, che ne è un tipo, l’omeoteleuto non è vincolato alla
sillaba su cui cade l’accento.
Esempio: «Ma sedendo e mirando,
interminati / spazi di là da quella» (G. Leopardi, L’infinito, vv. 5-6).
Onomatopea Parola
che esprime sul piano semantico un rumore, una voce, un verso d’animale e al
tempo stesso lo imita nel significante. Rappresenta
dunque un’unione tra suono e senso, con effetti di particolare suggestione che,
se insistiti, possono dar luogo al fonosimbolismo.
Esempio: i verbi «scricchiolare»,
«cinguettare», «sibilare» ecc.
Ossimoro Accostamento di parole di
senso opposto, che logicamente non potrebbero stare insieme.
Esempio:
«un’amara dolcezza» o «le buone cose di pessimo gusto» (G. Gozzano, L’amica di nonna Speranza, v. 2).
Palindromo Parola o frase di senso compiuto che può essere letta da sinistra a
destra e da destra a sinistra rimanendo inalterata.
Esempio: le parole «oro», «ara», «ala» ecc.
Paradosso Enunciato apparentemente in contraddizione con la logica e l’esperienza
comune, ma che – dopo attento esame critico – si rivela fondato o comunque
corretto.
Esempio: il celebre “paradosso del mentitore”,
che recita: «La frase seguente è falsa. La frase
precedente è vera».
Parafrasi Riscrittura di un testo in una
forma diversa, ma mantenendone il più possibile inalterato il significato. Si
distingue dalla traduzione per il
fatto che avviene all’interno di una stessa lingua. Di solito la
parafrasi ha scopo esplicativo, serve cioè per esprimere in modo più semplice i
significati di un testo complesso, o perché poetico, o perché arcaico, o perché
ad alto contenuto tecnico. Le operazioni più comuni che determinano la
parafrasi sono: organizzare periodi e proposizioni secondo un ordine sintattico
lineare; sostituire le parole difficili con parole di uso comune; esplicitare gli elementi sottintesi; sciogliere le metafore.
Parallelismo Ripetizione
della stessa struttura sintattica in versi o frasi o segmenti di frase
successivi, per creare maggiore coesione e rafforzare
un’equivalenza o un contrasto di senso.
Esempio: «Le mie parole / sono profonde / come le radici / terrene,
/ […] nette come i cristalli / del monte…» (G. d’Annunzio, Le stirpi canore, vv. 7-10, 18-19).
Paratassi In sintassi, indica il rapporto di coordinazione tra
le proposizioni, che hanno dunque la stessa importanza, essendo indipendenti l’una dall’altra e autonome. Il suo contrario è
l’ipotassi.
Esempio: «Marco è andato al cinema, Elisa ha studiato,
Paola ha invitato degli amici a casa sua».
Paronomasia Accostamento
di due o più parole di significato differente, ma assai simili sul piano del
suono. È detta anche bisticcio e può contribuire a creare nel testo
effetti di fonosimbolismo.
Esempio: le espressioni proverbiali «carta canta» o «dalle stelle alle
stalle» o ancora «prendere fischi per fiaschi».
Pathos Termine greco che significa “sofferenza”, poi passato a indicare una
forte emozione e, nel linguaggio tecnico della retorica classica, il tono
concitato e passionale di un testo drammatico o poetico o narrativo. Se
applicato alla tragedia, esso si contrappone all’ethos.
Patto finzionale Sorta
di accordo – implicito a ogni testo narrativo – che il lettore stringe con lo
scrittore, quando si accinge a leggere una sua opera, e che consiste in una sospensione dell’incredulità: in pratica, per trarre il massimo piacere dal
testo, il lettore finge di credere che quanto sta leggendo
sia vero e accada nel momento stesso della lettura. Ne deriva che la distinzione
tra fatti reali e immaginari o fantastici è irrilevante nel momento della
ricezione di un’opera letteraria.
Pausa In narratologia, indica la sospensione del tempo della
storia per l’inserimento di commenti, riflessioni,
digressioni da parte del narratore.
Perifrasi (o circonlocuzione)
Sostituzione di un singolo termine con un giro di parole, o per evitare di
nominare direttamente qualcuno o qualcosa, o per mettere in risalto alcune sue
qualità, o ancora per spiegare meglio l’identità di ciò a cui
ci si riferisce.
Esempio: «colei che solo a me par donna» per
indicare Laura, la donna amata da Petrarca (F.
Petrarca, Rvf,
126, v. 3).
Peripezie In narratologia, le varie
vicende avventurose che accadono ai personaggi della storia prima dello scioglimento.
Personificazione (o prosopopea)
Rappresentazione di un concetto astratto o una cosa inanimata (la patria, una
statua ecc.) con fattezze e qualità umane, tra cui
soprattutto la parola. Può anche indicare la trasfigurazione di un personaggio
immaginario, lontano o defunto in una figura reale e presente, con la quale
s’interagisce.
Esempio: «Fratelli d’Italia,
/ l’Italia s’è desta, / dell’elmo di Scipio / s’è cinta la testa» (G. Mameli, Canto nazionale, vv. 1-4).
Pleonasmo Parola o espressione
ridondante (cioè inessenziale) dal punto di vista logico e/o da quello
grammaticale. Nella maggior parte dei
casi il pleonasmo, che ha funzione rafforzativa ed espressiva, è un errore.
Esempio: la frequente scorrettezza nell’uso del pronome
personale «a me mi
piace», o del pronome dimostrativo: «il paese di cui ne ho parlato».
Polittoto (o poliptoto) Ripetizione di
una stessa parola con funzioni grammaticali differenti (singolare/plurale,
maschile/femminile, modo verbale, tempo
verbale ecc.).
Esempio: «Cred’io ch'ei credette ch’io
credesse» (Dante, Inferno, XIII, v. 25).
Polisindeto Fitta sequenza
di congiunzioni coordinanti, con conseguente effetto di accumulo. È molto
frequente nell’enumerazione.
Esempio: «E ripensò le mobili / tende, e i percossi valli, / e il lampo
de’ manipoli, / e l’onda dei cavalli, / e il concitato imperio, /
e il celere ubbidir» (A. Manzoni, Il
cinque maggio, vv. 79-84).
Preterizione Figura retorica consistente nell’affermare qualcosa dichiarando che se ne
intende tacere. Il suo scopo è mettere in rilievo
l’informazione fingendo di volerle dare poca importanza.
Esempio: numerose sono le preterizioni nel linguaggio di tutti i giorni,
introdotte da espressioni come «per non parlare di…» o «non voglio dire che…
ma…».
Prolessi (o flashforward) In una narrazione,
anticipazione di un evento futuro rispetto al tempo in cui ci si trova.
Prosopopea Sinonimo di personificazione.
Protagonista Il personaggio
principale di un’opera drammatica, narrativa o cinematografica, ovvero colui intorno a cui ruota principalmente la trama. Al
protagonista si contrappone l’antagonista, mentre
possono affiancarlo uno o più deuteragonisti e/o aiutanti.
Punto di vista (o focalizzazione) In narratologia, indica la prospettiva attraverso cui è
raccontata la storia, a seconda della tipologia del narratore.
Il racconto è non focalizzato o
a focalizzazione zero quando il
narratore sa tutta la verità sull’accaduto (narratore onnisciente); è a focalizzazione interna quando il narratore assume il punto
di vista di uno o più personaggi e dunque sa e dice quello che sa il personaggio prescelto; è a focalizzazione esterna quando il narratore sa e dice meno
di quanto sappiano i personaggi (racconta in modo “oggettivo” e dall’esterno i
loro comportamenti).
Registro
espressivo Il complesso delle qualità stilistiche
di un enunciato rispetto alla situazione o al contesto.
Reticenza Figura retorica consistente nel passare
sotto silenzio una parte del discorso, lasciando che sia il lettore o
l’ascoltatore a comprenderla. Di solito è segnalata graficamente dai puntini di
sospensione (…).
Esempio: «E
riprese: – ho creduto bene di darle un cenno su questa circostanza, perché se
mai sua eccellenza... Potrebbe esser fatto qualche
passo a Roma... non so niente... e da Roma venirle...» (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. xix).
Retorica Arte
del dire, ossia del parlare e dello scrivere in modo efficace e persuasivo, in
uso presso gli antichi Greci e Latini e poi trasmessa
alle culture posteriori. Si avvale di determinati espressioni
e costrutti, detti appunto figure
retoriche, distinguibili in figure di senso (o di significato) e figure di forma (o di sintassi).
Rima Identità di suono, a partire dalla
sillaba tonica, tra due parole, specialmente se poste alla fine del verso. A seconda della collocazione dell’accento tonico delle
parole in rima abbiamo: la rima tronca (se l’accento cade sull’ultima
sillaba), piana (se l’accento
cade sulla penultima sillaba), sdrucciola
(se l’accento cade sulla terzultima sillaba). A
seconda della disposizione delle rime all’interno del testo abbiamo: la rima baciata o accoppiata (AA), alternata
(ABAB), incatenata (ABA,
BCB, CDC ecc.), incrociata o chiusa (ABBA), sciolta (quando è svincolata da schemi prestabiliti). Alcuni
schemi variano i quattro tipi fondamentali: la rima ripetuta (ABC,
ABC ecc.), invertita (ABC,
CBA), caudata (AAAB, CCCB). Sono
raggruppate sotto la definizione di «rime tecniche»: la rima identica (quando si ripete la stessa parola); la rima equivoca (se rimano due parole con
suono uguale ma significati diversi); la rima
derivativa (qualora
le parole in rima abbiano una relazione etimologica); la rima ricca (quando
l’omofonia include anche suoni precedenti la vocale tonica). Si dice infine: rimalmezzo, quando una parola che si
trova a metà del verso rima con la parola terminale
del verso precedente; rima interna, quando la parola-rima si
trova all’interno del verso, ma non in vicinanza della cesura. Esistono inoltre
casi imperfetti di rima, ovvero l’assonanza
e la consonanza.
Sarcasmo Atteggiamento canzonatorio con cui si
riferisce un’informazione o si esprime un giudizio, spesso alterando anche il
tono della voce. Si distingue dall’ironia
perché non implica uno scollamento fra senso letterale e implicito
dell’enunciato, ma, più genericamente, comporta l’impiego di un tono beffardo.
Scena In narratologia,
indica una sequenza in cui il tempo della storia e il tempo del racconto sono equivalenti, ovvero
hanno la stessa durata. Accade ad esempio con i dialoghi.
Scioglimento Coincide
di solito con la parte finale di un testo narrativo, drammatico o cinematografico,
nella quale la storia giunge al suo termine dopo la complicazione e le peripezie.
Nella tragedia lo scioglimento assume
il nome di catastrofe.
Sequenza Termine tratto dal linguaggio
cinematografico, che designa una porzione di testo narrativo avente una
relativa compiutezza formale e contenutistica. All’interno di una sequenza rimangono invariati i
personaggi e l’ambientazione spazio-temporale. Viene
definita macrosequenza una
porzione di testo che comprende al suo interno varie sequenze; microsequenza ciascuna delle parti in cui ogni sequenza può essere ulteriormente
suddivisa.
Significante In linguistica,
la componente sonora di una parola, indipendentemente
dal suo significato.
Simbolo Rappresentazione
di concetti o qualità astratte attraverso un oggetto concreto. È affine all’allegoria e all’analogia, ma si distingue da queste per il fatto che il
collegamento logico tra i due elementi messi in relazione non è né razionale e
convenzionale come nell’allegoria, né soggettivo e arbitrario come
nell’analogia, ma basato su emozioni condivise, e dunque intuibile senza
bisogno di spiegazioni.
Esempio: «fuoco» per «passione d’amore», «colomba» per «pace».
Similitudine Paragone
fra due termini legati da somiglianze più o meno
evidenti. A differenza dall’analogia,
è sempre introdotta da «come»,
«quale», «sembra», «pare» e altri simili elementi coordinanti.
Esempio: «dormire come un ghiro»,
«mangiare come un maiale» ecc.
Sineddoche Sostituzione
di una parola con un’altra avente con la prima
un rapporto di quantità (maggiore-minore). Affine alla metonimia, differisce da essa perché può prevedere: l’uso
del singolare al posto del plurale (o viceversa), del genere per
la specie (o viceversa), della parte per il tutto (o viceversa).
Esempio: «i senzatetto», dove «tetto» è sineddoche per
«casa» (la parte per il tutto).
Sinestesia Particolare
forma di metafora in cui si associano termini
appartenenti a sfere sensoriali diverse: l’olfatto e la vista, l’udito e il
tatto ecc.
Esempio: «fredde luci / parlano» (E.
Montale, Riviera, vv. 39-40) è una triplice
sinestesia, che associa a un elemento visivo (le luci) una sensazione tattile
(il freddo) e acustica (una voce).
Sinonimia Sostanziale uguaglianza di significato
fra due o più parole aventi diverso significante.
Esempio: «casa», «dimora», «abitazione», «alloggio» ecc.
Sommario In narratologia, indica la
concentrazione di un ampio lasso di tempo della storia in poche pagine o righe,
con conseguente accelerazione della velocità del racconto. Il suo contrario è l’analisi.
Sospensione dell’incredulità Altro modo di definire il patto funzionale.
Spannung In un testo narrativo definisce il momento in cui la
tensione del racconto raggiunge il suo culmine. Di solito è localizzata poco
prima dello scioglimento.
Stilema Tratto
stilistico di un autore che, ricorrendo spesso o assumendo particolare importanza
nell’opera, può essere considerato come suo elemento peculiare e
rappresentativo.
Straniamento Tecnica grazie alla quale un oggetto, una situazione, un personaggio o un
evento ordinari assumono, nello specifico contesto in cui
li cala l’autore, un significato o una valenza espressiva stravolti, o
ingigantiti o semplicemente mutati e risemantizzati.
Suspense nei testi
narrativi (ma anche drammatici e cinematografici), è il senso di sospensione e
incertezza sull’esito della vicenda, che prepara il colpo di scena. Può
confondersi con lo spannung,
dal quale differisce per il fatto che non corrisponde a un momento specifico
della trama, ma a una modalità del suo svolgimento.
Tautologia Tipo di pleonasmo particolarmente forte che si verifica quando, in un enunciato, il soggetto contiene
già l’informazione espressa dal predicato. Spesso è un errore, ma in alcuni
casi può essere usata per rimarcare con forza un concetto o per sarcasmo.
Esempio: «I pennuti hanno le penne».
Tempo della storia (TS) In narratologia, indica il lasso di
tempo in cui si svolge la fabula.
Tempo del racconto (TR) In narratologia
indica la durata della narrazione (attenzione, non della vicenda!), correlata
alla lunghezza del testo. In pratica misura il tempo effettivo del racconto e
non quello fittizio della storia.
Timbro Indica la qualità del suono
delle parole: cupo, aspro, chiaro ecc. In poesia accade spesso che il timbro
venga usato dall’autore per rafforzare il suo
messaggio, per esempio facendo corrispondere a immagini cupe e aspre suoni che
abbiano le stesse qualità.
Topos termine greco che designa il luogo comune, il tema peculiare e
rappresentativo di un autore, di una cultura, di un genere ecc. o, più nel dettaglio, un argomento utilizzabile in
discipline diverse.
Traduzione Trasferimento di un testo da una lingua all’altra cercando di mantenere
il più possibile immutato il piano dei significati.
Trascodificazione In
campo teatrale indica la trasformazione del testo contenuto nelle didascalie in
gesti e azioni degli attori, oggetti e ambienti di scena nel momento della
rappresentazione.
Trasduzione In
campo teatrale indica il passaggio dal testo scritto contenuto nei dialoghi di
un dramma all’oralità degli attori che interpretano i personaggi nel momento
della rappresentazione.
Umorismo In
senso ampio, indica la capacità di rilevare con arguzia gli aspetti comici o grotteschi della realtà. Nella definizione dello
scrittore siciliano Luigi Pirandello (1867-1936), è il «sentimento del
contrario» contrapposto all’«avvertimento del contrario»
(la comicità). In pratica, se in una situazione comica il riso scaturisce
dall’aver colto l’assurdità di un fatto, di una persona o di un discorso;
nell’umorismo subentra la riflessione, che induce chi ride ad approfondire i
motivi del comico e a coglierne gli aspetti potenzialmente tragici e
universalmente umani. Se, ad esempio, incontrassimo all’angolo di una strada
un’anziana signora che pretende di vestirsi come un’adolescente, troveremmo la
situazione comica; se però ci interrogassimo sui
motivi che la inducono a farlo, scopriremmo il lato umoristico della
situazione: forse la donna ha orrore di invecchiare? Forse cerca di
riconquistarsi le attenzioni del marito, invaghitosi di una ragazza?
Variatio Variazione sintattica, lessicale,
grammaticale, semantica o fonetica realizzata per rendere elegante un discorso,
evitando una ripetizione o creando
movimento ritmico-metrico. Un tipo particolare di variatio è la sinonimia.
Zeugma Forma
particolare di ellissi consistente nell’utilizzo di un
solo verbo da cui dipendono due o più elementi della frase che invece
richiederebbero ciascuno un verbo specifico.
Esempio: «Parlare e lagrimar vedrai insieme» (Dante, Inferno,
XXXIII, v. 9), dove «vedrai» regge sia «lagrimar», sia «parlare», che invece
dovrebbe dipendere da un verbo uditivo.